Ecco quanto affermano.
"Abbiamo sbagliato, lo confessiamo, definendo le Province, nell'introduzione di questo libro, come enti inutili. Non è vero. Per alcuni esse sono non solo utili ma indispensabili e rappresentano una fonte di reddito insostituibile. Tra costoro mettiamo anzitutto un piccolo esercito fatto di quattromila politici di professione: cui sommare portaborse, consulenti ed assistenti, in numero imprecisato, che all'istituzione Provincia debbono carriere e stipendi. Si aggiungano ancora più di 60mila (sessantamila) burocrati alle dirette dipendenze provinciali.
Il vero motivo per cui l'abolizione delle Province - da anni evocata da costituzionalisti ed opinionisti - non è stata mai seriamente messa all'ordine del giorno è tutto in questi numeri. La Provincia significa un livello di politica in più, un grado di burocrazia che si somma ai tanti già esistenti. E' benvenuto e benvoluto nei palazzi del potere. Soltanto considerando le cariche elettive le province ci costano più di 120 (centoventi) milioni l'anno. I dipendenti provinciali - che per l'esattezza sono 62 mila - assorbono inoltre due miliardi di euro l'anno in stipendi. Ovviamente queste cifre NON considerano importanti annessi e connessi: uffici, macchine, telefoni, carta, segreterie e simili.
Ma tutto questo personale politico - e burocrati alle sue dipendenze - di cosa dovrebbe occuparsi? Con il passare degli anni, soprattutto gli ultimi dieci, sono aumentate le competenze e le funzioni attribuite alle Province. Il loro ruolo istituzionale è via via cresciuto. Si ha l'impressione che la Provincia sia una istituzione ereditata dal passato ed in qualche modo subìta cui la politica, già che c'era, ha nel frattempo attribuito una serie di funzioni tali da giustificarne la sopravvivenza. Un esperimento politico, ottimamente riuscito, di sostentamento in coma vegetale.".
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