Cio' che è accaduto nella città dell'acciaio ha dell'incredibile: un poliziotto è stato assolto perchè il pubblico ministero (PM) lo ha fatto indagare su se stesso.
Un magistrato del tribunale di Terni è riuscito a delegare le indagini ad un ispettore di polizia su un procedimento in cui lo stesso ispettore era l'indagato. Proprio così: l'agente ha inquisito se stesso, chiedendo ed ottenendo la propria assoluzione. Non ci si crederà, eppure il PM del processo non si è accorto dell'anomalìa, tanto che a seguito delle indagini ha chiesto l'archiviazione del fascicolo.
Una leggerezza - si affanano a spiegare nei corridoi del tribunale ternano - probabilmente dovuta al sovraccarico di lavoro.
Ricapitolando, un ispettore di polizia della Procura di Terni era indagato assieme ad un'altra persona ed a seguito di una denuncia, per una serie di reati che vanno dalla calunnia all'abuso di ufficio. Il magistrato competente attribuisce al diretto interessato gli accertamenti sul caso. Dopo qualche settimana il poliziotto arriva alla conclusione delle indagini dimostrando come le accuse (contro se stesso) fossero del tutto infondate. A questo punto il PM non batte ciglio e chiude il caso chiedendone formalmente l'archiviazione.
A denunciare il paradosso è stato il querelante, che ha dimostrato l'evidente violazione del segreto istruttorio. Il magistrato solo a quel punto ha chiesto la revoca dell'archiviazione (da lui stesso sollecitata) ed ha affidato gli atti ad un altro ispettore di polizia.
Da parte sua colui che ha indagato su se stesso (assolvendosi) ha dichiarato che non si sarebbe accorto di stare a fare indagini appunto su se stesso. A porre fine alla catena di assurdità ora - si spera - dovrebbe essere il GIP (Giudice delle Indagini Preliminari).