mercoledì 7 ottobre 2009

LA GIUSTIZIA E' LENTA ED IL CITTADINO RISCHIA LA VITA

Luigi Leonardi è un negoziante titolare della ditta “Leolamp” che si trova(va) al confine fra Scampìa e Melito, nella periferia napoletana. Quanto segue è la (tragica) storia, da lui stesso narrata e che dimostra ancora una volta come la Magistratura sia vittima di una pericolosa e colpevole lentezza.
Sentite i fatti narrati dal protagonista stesso.
“Un giorno sono entrati in cinque e mi hanno detto che: ‘la zona è nostra. Tu ci devi pagare’. Veniamo da Secondigliano, come dire da Scampìa. Dopo aver fissato la tariffa a 2.500 euro settimanali, con consegna al sabato mattina ed essersi intrattenuti nel mio negozio fra lampadari e luci varie per oltre un’ora, se ne sono andati.”
Il commerciante sperava fosse finita lì. Pia illusione. “Dieci giorni dopo sono venuti in due, due che poi hanno fatto una brutta fine, uno morto in una sparatoria e l’altro è su una sedia a rotelle. Ma ritorniamo a quel giorno quando, appena presentatisi mi hanno detto: ‘e noi chi siamo? Siamo peggio di quelli là?. Come ti sei regolato con quelli di Secondigliano, ti devi regolare con noi. Facciamo 1500 euro ogni sabato mattina’.
Allora, e siamo alla fine del 2005, Luigi Leopardi aveva quattro negozi, a Chiaia, nel cuore di Napoli, e poi in tre località dell’hinterland: Melito, Giugliano e Cardito. In più una fabbrica che riforniva direttamente di lampadari e di quant’altro necessario i punti vendita.
“Nel giro di pochi giorni, nel mio ufficio, i c’è stata una processione di soldati dei clan; quelli di Cardito, poi quelli di Ottaviano ed infine il boss di Giugliano mi ha mandato a chiamare: ‘Noi non ti abbiamo mai scocciato, tu adesso dai qualcosa anche a noi e sei a posto’ “
Per “mettersi a posto” Luigi Leopardi versava sei mila euro settimanali ai vari clan. Il commerciante ha resistito quasi un anno, lo dissanguavano, strozzavano, un po’ alla volta, racconta, e conclude: “io non ce la facevo più. Ma loro volevano i soldi. Sempre soldi. Altri soldi. Ho chiuso la fabbrica, ho chiuso Chiaia, ho chiuso Cardito, ho chiuso Melito, ho chiuso Giugliano, ho messo sul lastrico 17 famiglie, quelle dei miei dipendenti. Ma non è servito a nulla”.
Questa storia è un grido disperato, quello ad una Giustizia che non c’è.
“Mi ero rifugiato in un mininegozio che mi era restato ad Aversa, quando nel giugno del 2007 sono venuti in tre su due motorini. Sono stati di poche parole ‘Vieni con noi’. Mi hanno portato al Terzo Mondo, un quartiere degradato di Secondigliano e mi hanno chiuso in uno scantinato per una intera giornata. Mio padre, a suo tempo, si era indebitato ricorrendo alle cambiali e quelle cambiali sono finite nelle mani dei clan. ‘Tu o tuo Padre ci dovete pagare 26 mila euro, altrimenti lasciaci questo negozio e vattene’; poi mi hanno messo la canna di una pistola in fronte. Non sapevo cosa fare. Alla fine mi hanno liquidato così: ‘cominciamo dalla macchina e dalla moto che tieni’ le hanno valutate 13 mila euro e se le sono portate via dicendo. ‘Gli altri ce li darai’ “
Qualche settimana dopo Luigi Leopardi ha varcato la porta del commissariato ed ha firmato la denuncia. E’ poi tornato dalla Polizia decine di volte ed ha riempito centinaia di pagine di verbali. “Ho dato nome e cognome di trenta delinquenti che mi hanno minacciato, sequestrato e spremuto 640 mila euro riducendomi sul lastrico”.
Sono trascorsi due anni da questi fatti e Luigi Leopardi è solo come e più di prima. “A gennaio 2008 l’indagine era finita. I nomi dei miei aguzzini sul tavolo del Pubblico Ministero. Ma da allora non è accaduto proprio nulla. Nemmeno un arresto, il PM non mi ha mai chiamato per ascoltarmi, ma io cosa debbo fare ora? Siamo quasi alla fine del 2009 ed ho perso tutto. La famiglia, gli affetti, il lavoro. Non ho più nulla. Se non la paura che mi sparino per averli denunciati.”

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