La “questione” Acqua, in Italia, è un argomento che, nell'ultimo mezzo secolo, ogni governo sembra…non conoscere. Nessuno si è mai preoccupato di controllare tariffe, sprechi, funzionalità degli impianti, ecc. ecc. Questo fino a qualche giorno fa.
Ora – alle porte delle elezioni regionali – qualche giornale dedica all’argomento alcune righe. Immaginate perché? Ed immaginate cosa accadrà subito dopo le “regionali”? Oggi come oggi le cose stanno così, leggete e giudicate .
A Milano si pagano tariffe pari ad un quarto di quelle di Terni, che sono appena più alte rispetto alle bollette di Latina, o di Agrigento dove l’Acqua è un bene prezioso. In Ciociaria, negli ultimi 15 anni sono aumentate del 400 per cento!
Questo per le bollette. Ora vediamo gli sprechi.
Secondo un documento della Confartigianato ogni anno il 30,1 per cento dell’acqua immessa in rete non arriva ai rubinetti. Per fare un paragone europeo, in Germania le perdite arrivano al 7%. Questo spreco ci costa 2 miliardi e 464 milioni di euro ogni anno, somma che basterebbe a compensare l’abolizione dell’ICI sulla prima casa.
Perché avviene ciò? Rete idrica fatiscente quindi colabrodo, priva di adeguata manutenzione, investimenti carenti gestione troppo spesso sconsiderata.
In tre anni l’acquedotto pugliese, il più grande d’Europa con i suoi ventimila chilometri di rete, è riuscito a recuperare 40 milioni di metri cubi di perdite. Le quali dal 37,7% sarebbero scese al 35%. Bene, ma se ai tubi rotti ed agli allacci abusivi si sommano le perdite amministrative l’emorragia economica dell’azienda acqua sfiora il 47 per cento.
Ma a quale rimedio si può ricorrere? Sarebbe il caso di risolvere il problema della regolamentazione dell’Acqua, affidando ad una autorità indipendente il compito di stabilire tariffe eque, imporre decenza del servizio e obbligare – a chi spetta – ad effettuare gli opportuni interventi atti a riparare le tubature colabrodo.
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