Come pubblicato da tutti i
giornali, alcuni giorni orsono il “bisteccone” Giampiero Galeazzi, noto
giornalista RAI, è stato condannato a 300 euro di multa per aver dato del
“meridionale di merda” al custode del palazzo dove alloggia. Ho voluto
approfondire l’argomento (NON, ripeto NON su Internet) ed ho scoperto che –
tutto sommato – la Giustizia italiana ha un suo catalogo del turpiloquio.
Seguitemi.
Il preside di una scuola
pugliese, durante un consiglio di classe,
ha detto ad un insegnante
“fottiti”, ha dovuto pagare un’ammenda di 100 euro.
Una impiegata ha dovuto versare
1.200 euro di spese processuali per aver detto “vaffanculo stronza” al suo capo
donna. Secondo la sentenza, sarebbe stata assolta se si fosse rivolta con la stessa
terminologia ad un pari grado.
Trentamila euro, tanto è costato
a Vittorio Sgarbi l’insulto in diretta TV rivolto a Marco Travaglio che è stato
chiamato: “pezzo di merda”. Di più. Dopo che ha aggiunto “è una merda tutta
intera” la sanzione è salita a 35 mila euro.
Per la Cassazione “rompi
coglioni” non è una parola ingiuriosa, in quanto è ormai entrata nell’uso
comune e perché nella causa in esame era rivolto ad un vicino pedante.
“Faccia da cavallo”, in una lite
tra due dirimpettaie, una apostrofa l’altra con questa espressione colorita. La
Cassazione l’ha condannata ad un risarcimento di 400 euro per l’offesa.
Ma oltre a quanto sopra ho anche
scoperto l’esistenza di una sorte di termometro che misura la percezione che
abbiamo delle parolacce. Si chiama “Volgarometro”, l’ha inventato Vito
Tartamella, caporedattore del mensile “Focus” e maggior esperto italiano di
turpiloquio, cui ha dedicato studi e saggi. Ha pubblicato una indagine
linguistica sulle parole volgari. Ne scaturisce una classifica delle oscenità
considerate più offensive, in cima ci sono le bestemmie, condannate da quasi
tutte le 2.600 persone che hanno risposto al suo sondaggio,subito dopo
in…classifica ci sono gli epiteti osceni
contro le donne, seguono “stronzo” e
“pezzo di merda” a pari merito con “mafioso” e le volgarità a sfondo razziale o
contro i gay. Le parolacce più innocue sono: “che palle” e “porca vacca”.
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