Tutti sotto accusa per omicidio colposo. Sono sette medici ed un assessore del PD, nuovamente candidato alle comunali di Bergamo nella lista del sindaco uscente Roberto Bruni. La storia sembrerebbe inventata se non fosse che un uomo di 66 anni, sano di mente e di corpo, è finito al cimitero in seguito ad un ricovero forzato in Psichiatria.
Il caso risale al settembre del 2005, ma a distanza di quattro anni la Procura generale di Brescia lo ha riaperto nonostante una duplice archiviazione voluta dai magistrati bergamaschi. Infatti lo stesso Procuratore Generale, Maria Grazia Omboni, ha avocato a se l'inchiesta ed ottenuto il trasferimento dell'intero fascicolo al suo ufficio.
IL FATTO
Bergamo piazza Matteotti mercoledì 21 settembre 2005. Roberto Bruni (da poco eletto sindaco) organizza un comizio. Ospite illustre: Romano Prodi. Sono le 17,30 e viene giù un'acqua che Dio la manda, la piazza è gremita ma il buon Prodi è clamorosamente in ritardo, forse non verrà. La gente è bagnata, infastidita dalla lunga attesa. Ad un certo punto esce dal mucchio l'imprenditore Luigi Salvi, noto per essere un fervente berlusconiano, si porta sotto i microfoni ed alzando il braccio urla al sindaco: "Dai sindaco vai sul palco e parla dei problemi della città".
Un attimo di smarrimento qualcuno annuisce, qualcun altro fra i fedelissimi del Professore si indigna: "E' una provocazione!"
I testimoni raccontano dei carabinieri che piombano ed afferrano Luigi Salvi; due di essi lo caricano sulla "gazzella" ed a sirene spiegate lo portano in caserma a Bergamo Bassa. Qui il comandante chiama la guardia medica e per l'imprenditore bergamasco viene firmato il ricovero forzato (TSO) al Reparto Psichiatrico degli Ospedali Riuniti. Qui un dottore scrive la diagnosi: "paziente affetto da agitazione psicomotoria" ed il referto viene firmato dall'assessore comunale alle Politiche Sociali Elena Carnevali (ora sotto inchiesta per omicidio colposo).
L'equipe dei dottori di Psichiatria prescrive la terapia: Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) da effettuarsi in clinica. Psicofarmaci e calmanti per una settimana, a prescindere dalla volontà del ricoverato, cioè il "malato di mente".
Luigi Salvi però non ha retto neanche 24 ore alla terapia d'urto, è morto dopo la terza iniezione di farmaci. Potentissi. Lui che fino a quel giorno, aspirina a parte, non aveva conosciuto altra medicina.
Tutto ciò è accaduto senza che nè la moglie nè i figli fossero avvertiti.
"Ci ha chiamati lui dall'ospedale" riferisca il figlio Maurizio, mentre la mamma (e moglie del povero Salvi) Giancarla Bertuzzi, descrive l'incubo di quel 22 settembre 2005. Racconta infatti la signora: "la mattina seguente il ricovero, mio marito è riuscito a recuperare un telefono ed ha chiamato una seconda volta a casa dicendomi 'venite a prendermi perchè qui si sta mettendo male, venite subito'. Sono andata di corsa all'ospedale, ma non me lo hanno fatto vedere in quanto, mi dissero, non era l'orario delle visite. A quel punto mi sono resa conto di trovarmi davanti ad un sequestro di persona, ed ho chiamato un avvocato. Sono tornata da Luigi alle 15. Ancora una volta mi hanno proibito di vederlo, "dorme" è stata la spiegazione. L'ho visto soltanto due ore dopo, alle 17.
Era solo nella stanza, legato al letto, stordito ed inebetito, con i vestiti che aveva infilato il giorno prima, giacca compresa. E le feci addosso. Ormai rantolava. Ha tentato di alzare la testa, cercava di dirmi qualcosa, ma non ce l'ha fatta. E' stata l'ultima volta che l'ho visto".
L'imprenditore è morto la notte stessa. L'autopsia accerterà che la causa del decesso è da ascrivere ad una "miocardia sclero-ipertrofica" (peraltro mai diagnosticata), e sulla quale avrebbero inciso: "elementi stressogeni" ed i farmaci somministrati.
I parenti presentano denuncia, ma sulla base di quel referto il pubblico ministero, il 27 gennaio 2006, chiede l'archiviazione del procedimento contro ignoti. Il Gip accoglierà la richiesta il 22 giugno dello stesso anno.Caso chiuso.
Il 27 luglio del 2007 i familiari di Luigi Salvi sono di nuovo in tribunale, non si sono arresi, presentano un'altra denuncia questa volta contro i sette medici, l'assessore Elena Carnevali ed il sindaco Roberto Bruni. Il pubblico ministero chiede di archiviare di nuovo, per infondatezza della "notizia criminis" (è il 14 ottobre 2008). I congiunti del defunto fanno subito opposizione. Il gip (giudice indagini preliminari) fissa l'udienza camerale ma, a sorpresa, il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Brescia, Maria Grazia Omboni, dispone l'avocazione del procedimento e revoca la richiesta di archiviazione. Il caso si riapre clamorosamente: sette medici e l'assessore Elena Carnevali devono rispondere dell'accusa di omicidio colposo.
"Come è noto e come prevede la Legge, dovrebbe essere il sindaco e non un suo assessore a firmare la richiesta di TSO, e questo solo dopo aver sentito il parere di un secondo medico e dietro trasmissione della decisione (firmata dal primo cittadino stesso) al giudice tutelare entro 24 ore, per la controfirma", spiega Maurizio Salvi ed aggiunge: "Il sindaco Roberto Bruni non fa nulla di tutto questo. La delega all'assessore viene firmata solo dopo la nostra denuncia, è infatti datata novembre 2005 e mio padre è ormai morto da due mesi, mentre la controfirma del giudice tutelare non è mai esistita".
Ancora una volta mi vien da dire: ma in che Bel Paese viviamo!