Il ritratto di Sonia Califfi tracciato dai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Milano nella motivazione della sentenza di condanna a venti anni di galera, pronunciata nel dicembre del 2007, era il seguente:
“Lucida, in grado di intendere e di volere, perfettamente consapevole delle conseguenze letali delle iniezioni d’aria da lei praticate agli anziani pazienti”. Parole queste che suonano quasi come una beffa per le sue vittime ora che l’infermiera killer condannata in tutti e tre i gradi di giudizio a 20 anni di reclusione perché colpevole di aver ucciso cinque persone ed aver tentato di togliere la vita ad altre due, potrà usufruire dei primi “permessi premio” a partire dal prossimo mese di febbraio 2010.
Questo tipo di benefici scatta, per Legge, quando si è scontata metà della pena e Sonia, che fu arrestata solo cinque anni fa, la metà della condanna per l’orologio della Giustizia italiana, l’ha quasi superata.
Infatti ai cinque anni già scontati nel carcere milanese di San Vittore, gliene vanno aggiunti altri tre in virtù dell’indulto, poi un anno e tre mesi spettanti per la cosiddetta “liberazione anticipata”. La somma finale, quindi, dice che la Caleffi ha già trascorso dietro le sbarre nove anni e tre mesi dei 20 di condanna e che pertanto è quasi a metà strada.
La frequenza delle uscite dal carcere, inizialmente mensili, potrà poi essere più intensa nei mesi successivi fino ad arrivare a trascorrere fuori di galera l’intera giornata e rientrare solo per passarvi la notte.
“Siamo sconcertati e scioccati” commenta amaramente Emilia Geronimi di Derbio (Lecco) figlia di Maria Cristina, una delle vittime dell’infermiera.“Si può chiamare Giustizia, questa?” si chiede la signora Emilia, “una donna colpevole di tanti omicidi avrebbe meritato l’ergastolo e le hanno dato 20 anni di prigione. Ora di questi ne sconterà – e nemmeno è certo – la metà. E’ vergognoso".
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