La vicenda di cui vi metto a parte oggi non è “Originale” o “Desueta” oppure “Bella”; non è “Brutta” né “Drammatica” e neanche “Allegra od Umoristica” è semplicemente INCREDIBILE, PAZZESCA e denuncia come la nostra Magistratura, che non esita a mettere in galera ottuagenari per reati finanziari, od imprenditori colpevoli di azioni per le quali la prigione è facoltativa, di contro metta agli arresti domiciliari (voi vi rendete conto che scontare la pena a casa propria è “vagamente” diverso che in carcere e poi, da casa si può sempre uscire, evadere, allontanarsi, insomma rendersi uccel di bosco) metta agli arresti domiciliari, dicevo, uomini, in piena salute con sulle spalle condanne per 31 anni di carcere: dovute al reato di “traffico, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti”.
Direte, “se la Legge lo consente…”, Certo che la Legge lo consente, ma permette ai nostri solerti magistrati anche di tenere in prigione delinquenti di tale spessore. Ma questa premessa – forse lunga – non è indirizzata a farvi indignare perché uno dei più noti pregiudicati lombardi è stato mandato a casa (da dove, dovendo scontare 31 anni, naturalmente si è squagliato…) ma è per informarvi della “ragione per cui” usata dal giudice di sorveglianza. E’ questa: “il suo stato di salute non gli consente la vita del carcere. L’uomo soffre di Priapismo. Si invia agli arresti domiciliari”. Vi ricordo soltanto che questa malattia consiste nell’avere l’organo riproduttore in perenne erezione.
Ragazzi, vogliamo scherzare? Un narcotrafficante condannato a 31 anni lo mandiamo a casa perché ce lo ha duro?
Ma veniamo ai fatti, e – more solito – ai nomi ed ai cognomi dei coinvolti in questa vicenda. Prima di tutto il protagonista: si chiama Francesco Castriotta, ed abita a Milano nel quartiere di Quarto Oggiaro. La sua età è sotto ai cinquanta. La Cassazione gli ha confermato, venerdì scorso, una condanna ad undici anni di reclusione per traffico internazionale di droga realizzato in combutta con un suo amico: Domenico Brescia, il sarto milanese passato alle cronache per i suoi rapporti e le sue intercettazioni (subite) con giocatori e tecnici dell’Inter. Ovviamente prima di questa condanna c’era stato l’arresto. Non contento di ciò il P.M. Marcello Musso ha voluto vederci chiaro e quindi aveva continuato ad indagare sulla vita del pregiudicato, scoprendo che era lui il giovane boss che dirigeva lo spaccio di Cocaina e di Haschish a Quarto Oggiaro, da qui un nuovo processo ed una condanna a venti anni di reclusione che con gli 11 passati in giudicato fanno 31.
A questo punto il Giudice di sorveglianza, al quale i legali di Francesco Castriotta si erano rivolti, ha deciso che: “quel disturbo (averlo sempre duro e dritto) fosse incompatibile con il regime carcerario, anche perché fonte – per chi ne soffre – di perenne imbarazzo” quindi il trafficante di droga, il boss della Cocaina di Quarto Oggiaro, l’uomo che certamente deve scontare 11 anni di galera e quasi di sicuro altri venti, è stato mandato a casa. Ai domiciliari.
Lo si è accennato: non appena venuto a conoscenza della sentenza della Cassazione, il buon Francesco ha lasciato una lettera di addio alla moglie e si è reso latitante. Si sarà chiesto: “ma perché restare prigioniero, visto che che dalla galera mi hanno tirato fuori gli stessi magistrati?”.
Direte, “se la Legge lo consente…”, Certo che la Legge lo consente, ma permette ai nostri solerti magistrati anche di tenere in prigione delinquenti di tale spessore. Ma questa premessa – forse lunga – non è indirizzata a farvi indignare perché uno dei più noti pregiudicati lombardi è stato mandato a casa (da dove, dovendo scontare 31 anni, naturalmente si è squagliato…) ma è per informarvi della “ragione per cui” usata dal giudice di sorveglianza. E’ questa: “il suo stato di salute non gli consente la vita del carcere. L’uomo soffre di Priapismo. Si invia agli arresti domiciliari”. Vi ricordo soltanto che questa malattia consiste nell’avere l’organo riproduttore in perenne erezione.
Ragazzi, vogliamo scherzare? Un narcotrafficante condannato a 31 anni lo mandiamo a casa perché ce lo ha duro?
Ma veniamo ai fatti, e – more solito – ai nomi ed ai cognomi dei coinvolti in questa vicenda. Prima di tutto il protagonista: si chiama Francesco Castriotta, ed abita a Milano nel quartiere di Quarto Oggiaro. La sua età è sotto ai cinquanta. La Cassazione gli ha confermato, venerdì scorso, una condanna ad undici anni di reclusione per traffico internazionale di droga realizzato in combutta con un suo amico: Domenico Brescia, il sarto milanese passato alle cronache per i suoi rapporti e le sue intercettazioni (subite) con giocatori e tecnici dell’Inter. Ovviamente prima di questa condanna c’era stato l’arresto. Non contento di ciò il P.M. Marcello Musso ha voluto vederci chiaro e quindi aveva continuato ad indagare sulla vita del pregiudicato, scoprendo che era lui il giovane boss che dirigeva lo spaccio di Cocaina e di Haschish a Quarto Oggiaro, da qui un nuovo processo ed una condanna a venti anni di reclusione che con gli 11 passati in giudicato fanno 31.
A questo punto il Giudice di sorveglianza, al quale i legali di Francesco Castriotta si erano rivolti, ha deciso che: “quel disturbo (averlo sempre duro e dritto) fosse incompatibile con il regime carcerario, anche perché fonte – per chi ne soffre – di perenne imbarazzo” quindi il trafficante di droga, il boss della Cocaina di Quarto Oggiaro, l’uomo che certamente deve scontare 11 anni di galera e quasi di sicuro altri venti, è stato mandato a casa. Ai domiciliari.
Lo si è accennato: non appena venuto a conoscenza della sentenza della Cassazione, il buon Francesco ha lasciato una lettera di addio alla moglie e si è reso latitante. Si sarà chiesto: “ma perché restare prigioniero, visto che che dalla galera mi hanno tirato fuori gli stessi magistrati?”.
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