venerdì 10 luglio 2009

COSI FUNZIONA LA GIUSTIZIA NEL BEL PAESE (15)

Oggi si narra di due ergastolani definiti da investigatori (Forze dell'Ordine) ed inquirenti (Magistrati) come: "malviventi pericolosi e sanguinari", si sta parlando dei cugini Luciano e Mario Febi che sono stati condannati al carcere a vita per aver ucciso, nel 1991, nel corso di una rapina ad un portavalori, una guardia giurata.
Tre giorni orsono sono stati di nuovo tratti in arresto. Ma come, si dirà, se stanno in galera? No, proprio no, infatti malgrado la condanna, nonostante la definizione sopracitata che è stata data di loro, i due - per volere di un giudice di sorveglianza - da mesi, da molti mesi, godevano, per la loro buona condotta, di permessi speciali come quello della "semi libertà" che vuol dire: uscire dalla galera la mattina e tornarci la sera.
Si chiederà: perchè di nuovo arrestati, ed in che circostanza. Semplice, sono stati sorpresi con le...mani nella marmellata che per loro vuol dire che gli investigatori li hanno catturati nel corso di una rapina ad un furgone portavalori sulla via Flacca nei pressi di Pomezia. Assieme ad altri cinque complici hanno bloccato il mezzo, sparato e minacciato le guardie giurate costrette così a scendere dal furgone e quindi con una motosega hanno tentato di aprirlo, ma la blindatura ha resistito ed allora, al sopraggiungere della Polizia, i due ergastolani ed i loro sodali si sono dati alla fuga ben presto scovati, a Pomezia, nel nascondiglio-deposito d'armi, ed arrestati.
Le indagini hanno portato a scoprire che identico colpo, ma questa volta andato a buon fine, la stessa banda aveva messo a segno contro un furgone portavalori lo scorso 7 novembre 2008. Sembra inutile aggiungere che i loro complici sono dei notissimi (alle forze dell'ordine) banditi responsabili di una serie di colpi tutti messi a segno contro portavalori e con la medesima tecnica (quello del 7 novembre gli fruttò un milione di euro in contanti) e per questo ospiti delle patrie galere ma beneficiari di "permessi per buona condotta" nel corso dei quali commettevano i reati.
Veniamo ora all'altra storia: i giudici della Terza Sezione Penale del Tribunale di Catania hanno messo fuori di prigione, lo scorso primo giugno Giacomo Ieni perchè "affetto da una grave forma di depressione cronica, di tipo melanconico. Una patologia dalla quale l'imputato può salvarsi soltanto con l'aiuto dei parenti".
Prima di proseguire è il caso di rendere noto il perchè quest'uomo fosse in carcere. Egli è accusato di: associazione mafiosa, estorsione, traffico di stupefacenti ed altri reati minori, e per queste ragioni la Procura ha ordinato che venisse applicato nei suoi confronti l'art. 41bis che è quello il quale prevede il carcere duro per i mafiosi. Il pover'uomo, però, si è avvilito ed allora l'intera sezione di un tribunale siciliano lo ha spedito ai domiciliari.
Ma non fa tenerezza?
Ma veniamo alla terza emblematica storia. L'altro ieri il giudice monocratico di Marano, un piccolo centro in provincia di Napoli, ha condannato a 3 (tre) anni di galera un quarantenne che in un discount di Melito (altro paesino partenopeo) aveva rubato, il giorno precedente, una confezione di biscotti "Wafer" del valore di 29 centesimi di euro. Si dirà, "va bene, c'è l'indulto" non va neanche in prigione, invece no. Il malcapitato infatti non ha potuto beneficiare dell'attenuante del "danno lieve" a seguito della Legge Ciriello, per la quale, essendo recidivo (aveva commesso un altro furto in un supermarket) gli viene negato qualsiasi beneficio.
Gli assassini ergastolani possono tranquillamente godere di "permessi premio" e nel corso di essi fare quanto si è narrato. Un mafioso se ne torna a casa perchè, poverino, non sopporta la detenzione. Un quarantenne napoletano che ruba biscotti per 29 centesimi di euro si farà tre anni di galera
Che piaccia o no così funziona la Giustizia nel Bel Paese.

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